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Mostra | Milano, da romantica a scapigliata

05/12/2022
Il Castello di Novara ospita fino al 12 marzo 2023 la mostra “Milano, da romantica a scapigliata”. I volti di una città attraverso i volti dei suoi cittadini, il sottotitolo ben riassume l’intento della mostra. Milano si offre allo spettatore come un palcoscenico –  ci suggerisce la curatrice Elisabetta Chiodini – i cui attori sono appunto i suoi cittadini. Storicamente, le opere esposte si inseriscono tra gli anni dieci e i primi anni ottanta dell’Ottocento. Decenni turbolenti nei quali Milano ha visto la caduta del Regno napoleonico d’Italia, la costituzione del Regno Lombardo Veneto, la seconda dominazione austriaca, le prime rivolte popolari e le guerre d’indipendenza che nel 1859 avrebbero portato alla liberazione.

La mostra è divisa in otto sezioni, seguendo otto tematiche: ciò che colpisce è l’evolversi della città –  dapprima rappresentata dai suoi monumenti, in primis il Duomo –, i cui abitanti sono come “macchiette” che si muovono all’interno della scena. In seguito l’occhio del visitatore è catturato dai cambiamenti della città, attraverso i volti dei suoi cittadini. I cittadini divengono delle figure in primo piano, raccontati in maniera minuziosa, rendendo le scene di vita quotidiana il fulcro della narrazione. Ogni sezione è composta da un numero cospicuo di tele che seguono un ordine cronologico. L’esposizione offre allo spettatore gli strumenti per osservare la Milano ottocentesca, a partire dalla sua conformazione architettonica attraverso i personaggi che la popolano e dalle vicende storiche che si succedono. In parallelo troviamo l’evoluzione della pittura, da un sentire romantico ad uno studio del colore fino al movimento scapigliato.
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Primo protagonista è il genere della pittura urbana, genere di veduta prospettica elaborata dal pittore Giovanni Migliara, interprete indiscusso della Milano del secondo decennio dell’Ottocento. Migliara esprime lo spirito della parte urbana della società, con gli usi, i costumi e  le credenze civili. Ritroviamo vedute di scene di vita religiosa, come la processione in Duomo. Il pittore rende attraverso la luce naturale che filtra dalle vetrate un gioco prospettico interessante che fa interagire i gruppi di figure in primo piano. Altre novità vengono introdotte dal collega veronese Giuseppe Canella, il quale riesce a rendere “le macchiette” con spirito e verità, caratterizzandole nell’abbigliamento e nei modi in cui il pubblico si rispecchia. Canella riuscirà a fondere più generi di pittura: di paesaggio; vedutistica; prospettica; e storica.

Il vero erede di Migliara è Luigi Bisi, che si specializza nella pittura di interni ed esterni monumentali. L’indiscussa star di quegli anni milanesi è tuttavia Angelo Inganni, che riesce a coniugare l’impianto prospettico delle vedute con la sensibilità naturalistica di Canella. In mostra è presente la “Veduta di piazza Duomo con il coperto dei Figini”, oggi abbattuto. Qui notiamo subito l’importanza delle figure in primo piano, volti veri di una città che vive le difficoltà degli anni precedenti ai moti del ’48, popolani e borghesi. Il grande Duomo è ormai uno sfondo alle scene di vita cittadina. Inganni incanta il pubblico per l’adozione del campo medio, rendendo alcuni particolari realistici, come per esempio il cadere della neve. Le “nevate” di Inganni divengono un vero e proprio genere di successo.
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Interessante è la volontà di esporre soggetti popolari, esponenti della pittura “di maniera” o “di genere”. Giuseppe Molteni ci restituisce i volti della Fruttajuola, o La giovane mendicante: l’immagine della donna derelitta è l’immagine simbolica di un’intera classe sociale. La pittura di genere “poteva assolvere ad una funzione non soltanto emotiva, nel toccare l’animo dell’osservatore nella più variegata scala dei sentimenti, ma educativa.” L’opera diventa utile per rendere l’arte un mezzo di elevazione morale. Il critico Giuseppe Sacchi parlava di “bello morale”.

Domenico Induno, esponente della pittura di genere, allievo di Hayez in “Pane e lagrime” ci restituisce una poetica degli affetti: le tele sono una raffigurazione della società meneghina durante la Restaurazione e le conseguenti difficoltà del popolo. Domenico e Gerolamo Induno sono fratelli. In mostra troviamo una serie di tele che celebrano il dramma risorgimentale di cui gli stessi fratelli erano stati testimoni. Gerolamo Induno, pittore-soldato, volontario garibaldino e patriota ci propone una pittura di storia contemporanea, di episodi delle guerre risorgimentali. A fianco delle opere di episodi bellici, l’artista affianca una pittura di genere, a testimonianza degli effetti che gli eventi avevano sulla vita quotidiana. Ed ecco che “La fidanzata del Garibaldino” ci restituisce un sentimento di attesa, nell’osservazione del proprio amato che sembra quasi precorrere ii tempi dello smartphone.
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Man mano che seguiamo il percorso espositivo, notiamo la differenza dell’uso del colore. Il colore diventa un valore plastico, dà forma alle figure, prendendo spunto dall’indagine hayeziana. L’evolversi di questa tecnica coincide con il manifestarsi del nuovo movimento scapigliato. Il tema ricorrente della donna sola e malinconica viene riproposto in mostra da Daniele Ranzoni, massimo esponente del movimento. La luce e il colore sono i mezzi espressivi centrali dell’opera. La cosiddetta pittura di sentimento, quadri di medie dimensioni, di due o più figure senza un soggetto, è il genere prediletto dall’altro grande esponente della Scapigliatura, Tranquillo Cremona. Di particolare curiosità per me, in visita da Varese, è la coppia di quadri “Melodia” e “In ascolto”, dello stesso Cremona. Le due tele nascono come parte di un ciclo di sei pannelli decorativi destinati ad adornare le sovrapporte della sala di lettura della villa della famiglia Ponti a Biumo Superiore, presso Varese, che sorge accanto alla celeberrima Villa Panza. Cremona non portò mai a termine la commissione. La pittura si fonde con la musica, creando una “musica cromatica”. Per la prima volta in mostra insieme, le tele sembrano fondersi creando un rimando continuo l’una all’altra.

Può essere questo un amo nella speranza di vedere i dipinti nella loro originaria collocazione varesina?

La mostra merita una visita, anche per l’eleganza degli allestimenti e delle cornici originarie, elementi non meno importanti ai fini della fruizione. Rimarchevoli sono anche la curatela e la qualità del catalogo. L’esposizione è ideata e prodotta da Comune di Novara, Fondazione Castello e Mets Percorsi d’Arte con il patrocinio di Regione Piemonte, Commissione Europea, Provincia di Novara, Comune di Milano, Main Sponsor Banco BPM.





© Riproduzione autorizzata da MEMECULT

Testi di Eva Pugina

In copertina: Tranquillo Cremona, In ascolto, Melodia 1874-1878 ca. olio su tela, 112 x 128 cm, Collezione privata

[vc_message message_box_color="sky" icon_fontawesome="far fa-hand-point-right"]Eva Pugina: formazione in storia dell'arte, con un master specialistico in progettazione culturale, si occupa di ideazione e gestione di eventi e spettacoli en plein air. Cura l'attività di ricerca storica, iconografica e scientifica, la redazione, la traduzione in francese e in inglese e l'impostazione grafica. Assistente di produzione per il settore audiovisivo-documentaristico.[/vc_message]