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Rischio elusione il ricorso alla transazione in sostituzione del riconoscimento del debito fuori bilancio

21/07/2021
Il ricorso alla transazione, in sostituzione del riconoscimento del debito fuori bilancio, può assumere carattere elusivo e rappresentare un comodo espediente per evitare la pronuncia sulla fattispecie da parte dell’organo consiliare e la trasmissione degli atti alla Procura contabile, come previsto dall’art. 23, comma 5, della legge n. 289/2002 (in termini, Sezione regionale di controllo per la Puglia,
deliberazione n. 57/2017/PRSP), norma quest’ultima dotata di un sicuro effetto deterrente. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Puglia, con deliberazione n. 112/2021/PRSP, a seguito dell’esame della relazione dell’Organo di revisione sul rendiconto di gestione 2018 di un Comune.
Dall’esame istruttorio è emerso che l’Ente approvava una convenzione transattiva, avente ad oggetto la liquidazione dei compensi spettanti all’Avvocato, per l’attività difensiva dal medesimo espletata in quattro giudizi. In premessa, si faceva presente che il professionista nulla ha percepito a titolo di compenso per l’attività svolta, per l’insufficienza delle relative previsioni di spesa. La Sezione osserva come la soluzione adottata dall’ente, pur formalmente caratterizzata da un accordo tra le parti, non appaia riconducibile allo schema negoziale proprio della transazione, quanto più correttamente a una parziale remissione di debito. Affinché un accordo possa qualificarsi come “atto di transazione” è necessario, infatti, che dalla relativa scrittura risultino gli elementi essenziali del negozio, quali: i) la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista; ii) la res dubia, ossia la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti; iii) il nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, sostituisca quello precedente foriero della lite o del pericolo di lite. In particolare, è stato costantemente affermato, che costituisce presupposto indispensabile lo scambio di reciproche concessioni, sicché, ove manchi l’elemento dell'”aliquid datum, aliquid retentum“, essenziale ad integrare lo schema della transazione, questa non può ritenersi configurabile. Nel caso di specie, risulta anche assente il requisito delle reciproche concessioni, venendo in rilievo unicamente la parziale rinuncia del credito da parte del professionista pura e semplice, senza che a tale “sacrificio” si correli una qualche rinuncia da parte del Comune. L’ente nonostante la presenza di passività ben note da tempo ha ritenuto di bypassare la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio.
Il Collegio evidenzia come il ripetuto e massiccio ricorso a negozi transattivi tesi a ricondurre a bilancio passività sommerse, costituisca una grave patologia della gestione finanziaria, impedendo lo svolgimento dei procedimenti di spesa secondo canoni di buona amministrazione e di sana gestione finanziaria. I principi di sana e corretta gestione finanziaria impongono, viceversa, di effettuare il tempestivo riconoscimento dei debiti fuori bilancio e la mancata tempestiva adozione dei provvedimenti di riconoscimento dovuti, oltre a costituire una violazione di legge, può generare responsabilità a carico di amministratori e/o dipendenti a causa della eventuale formazione di oneri aggiuntivi.

 

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