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Il consigliere comunale ha diritto di accedere al protocollo informatico del Comune

02/11/2022
Ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUEL, il consigliere comunale ha diritto di accedere ai dati del protocollo informatico del Comune, purché ciò avvenga in modo da arrecare il minor aggravio possibile agli uffici dell’ente. È quanto ribadito dal TAR Lombardia, sezione I, sentenza 24 ottobre 2022, n. 2317, pronunciandosi sul ricorso presentato da un consigliere comunale che ha impugnato il provvedimento del Comune di sospensione della trasmissione dei dati contenuti nel protocollo informatico. L’Ente ha motivato la sospensione con la necessità di predisporre specifiche cautele nella condivisione degli atti che contengono dati sensibili e giudiziari, in applicazione delle linee guida ANAC n. 1309/2016 sull’accesso generalizzato e del regolamento generale sulla protezione dei dati (UE) 2016/679 (GDPR) del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 sui dati riferiti ai procedimenti giudiziari.

Ai sensi dell’art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, «I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge». La ratio della norma che riconosce ai consiglieri comunali la più ampia ed esaustiva conoscenza di tutte le notizie relative all’organizzazione amministrativa è infatti quella di favorire lo svolgimento del loro mandato rappresentativo della collettività con metodo democratico, mediante la verifica ed il controllo dell’attività degli organi dell’ente locale; per tale ragione è sufficiente che la conoscenza dei dati, delle informazioni e dei documenti sia utile all’espletamento del mandato rappresentativo, senza che sia richiesta anche la sussistenza di uno specifico nesso funzionale tra tale conoscenza e l’esercizio del mandato.

Come affermato da consolidata giurisprudenza, «il fondamento del diritto di accesso del consigliere comunale trova ragione e limite nell’utile esercizio della funzione di componente dell’organo di cui è parte», per cui non può essere esercitato «in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.)» né con modalità eccedenti il «livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma primo, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82)» (C.d.S., Sez. V, 3 febbraio 2022, n. 769; 2 gennaio 2019, n. 12). Il Collegio ritiene che le informazioni e i dati richiesti dal ricorrente rientrino tra quelli accessibili ai consiglieri comunali, in quanto utili all’espletamento del mandato consiliare. È infatti evidente che la conoscenza della cronologia degli atti registrati in entrata e in uscita e del loro oggetto è idonea ad agevolare la valutazione dell’efficacia dell’azione amministrativa del Comune ed a stimolare la promozione di ulteriori attività in favore della collettività rappresentata.

Il Collegio ritiene che le motivazioni del diniego di accesso siano inconferenti, atteso che le esclusioni ed i limiti all’accesso civico, di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, in particolare quella prevista per gli atti, i dati e le informazioni riconducibili ad attività amministrative che siano confluite in un procedimento penale, non si applicano alla diversa fattispecie dell’accesso di cui all’art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000. Il consigliere comunale è infatti tenuto al rispetto del segreto istruttorio di cui all’art. 329 c.p.p. e di qualunque altro vincolo di riservatezza, incluso quello che grava sui dati sensibili e giudiziari. L’accesso ai dati contenuti nel protocollo informatico deve avvenire in modo da arrecare il minor aggravio possibile agli uffici dell’ente territoriale per cui, ove l’ente non sia in grado di garantire un elevato livello di sicurezza nella trasmissione dei dati di sintesi del protocollo informatico, è tenuto ad individuare modalità alternative di trasmissione, quali, ad esempio, l’utilizzo di postazioni informatiche sicure presso i locali dell’ente o la consegna dei dati di sintesi su supporto analogico.

La  necessità di adeguare il proprio protocollo informatico ai principi ed alle regole eurounitarie per il trattamento dei dati personali non è da sola sufficiente a giustificare la privazione del diritto di informazione del consigliere, il quale deve essere comunque assicurato in forma integrale con l’individuazione, da parte del Comune, delle modalità che assicurino la trasmissione dei dati in tutta sicurezza (accesso al protocollo informatico mediante predisposizione di postazioni informatiche protette all’interno degli uffici comunali o mediante consegna dei documenti su supporto analogico).

 

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