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Erba

VILLA AMALIA


Villa Amalia è una delle ville più famose di Erba. Il complesso sorse nel XVIII secolo come convento dei padri Francescani e fu trasformato in dimora signorile nel 1801 per volere del nuovo proprietario, l’avvocato Rocco Marliani. La dimora è dedicata alla moglie Amalia, una delle icone di stile e raffinatezza più importanti nell’alta società milanese. La conversione in villa fu opera dell’architetto Leopoldo Pollack, che partecipò anche al restauro di Palazzo Ducale a Milano. La villa attualmente è sede del liceo statale Carlo Porta. Accanto alla dimora si conserva la chiesa di Santa Maria degli Angeli, parte dell'ex convento, che ha oggi il ruolo di cappella privata. La famiglia Marliani fu proprietaria della villa fino al 1828: in questi anni la dimora visse il suo momento di maggiore fulgore. Furono molti i personaggi di grande spessore ospitati dai Marliani. Giuseppe Parini, che visitò la villa frequentemente per rifugiarsi nei suoi luoghi nativi, dedicò loro due opere: La vita rustica e La salubrità dell’aria. Egli fu anche maestro e precettore dei Marliani. In seguito la villa accolse Ugo Foscolo, che compose nel 1809 il carme della Grazia sulla giovane Marliani che aveva conosciuto durante il soggiorno. Nel 1816 anche Stendhal celebrò la bellezza del luogo, che nel corso della sua storia fu destinato a ospitare altri celebri personaggi tra cui Carlo Porta, dal quale prende il nome l’omonimo liceo situato oggi nella villa.

   La villa

Le pareti esterne della villa sono decorate con affreschi dell’epoca romantica (fine XVIII secolo). Tramite il viale d’ingresso è possibile accedere al cortile d’onore, ricavato dal Pollack utilizzando l'impianto del chiostro dell'ex convento. Al centro del cortile è presente un pozzo in stile neogotico, aggiunto nella seconda metà dell'ottocento. Alla sinistra del pozzo si trova il portico "della Cappuccina" in ricordo del monastero, che si immette a destra, nell'elegante scalone. Dal cortile d'onore una breve scala porta all'ingresso della villa. La sala d'ingresso è in stile neogotico, sul soffitto vi è simulata una balconata continua con bifore e monofore. Vi sono anche dipinti bucolici in trompe-l’œil e due busti marmorei, nei quali si riconoscono Druso il giovane e Tiberio (o Druso il vecchio). Alla sinistra dell'ingresso una porta dà accesso alla biblioteca, dove è stata conservata per molti anni una rara raccolta di autoritratti di pittori, risalente ai primi decenni dell'Ottocento. Il Salone della Aurora è l’unico ambiente rimasto pressoché intatto, con pavimento decorato a mosaico. Lungo le pareti sono presenti decorazioni neoclassiche recanti quattro medaglioni. Si riconoscono una donna di profilo, probabilmente Amalia Marliani, due leoni rampanti, stemma della famiglia, e la raffigurazione di Maddalena Marliani Bignami. L'attrattiva maggiore della sala è la famosa Aurora, tela dipinta da Giuseppe Bossi e incastonata sul soffitto in luogo del tradizionale affresco. L'Aurora è rappresentata come una donna alata che vince le tenebre della notte, anch’essa in figura femminile, coperta da un cupo manto. Alla destra del salone si succedono il salotto giallo, il salotto rosso e il salottino d'angolo, tutti decorati con stili diversi, mentre a sinistra si trovano la sala di lettura e la sala da pranzo.

  Il Parco

Dal salone dell'Aurora, attraverso il pronao, si accede al parco di Villa Amalia. Negli anni d’oro della villa, l’ampia area verde era una delle attrazioni principali. Il giardino è dotato di colonne ioniche, bassorilievi neoclassici ed ospita la fontana del Puttino e la fontana dei delfini. Nel parco, inoltre, sono situate la statua della Dea Prudenza e il busto di Parini. Nei primi anni dell'Ottocento il visitatore, percorrendo il viale dove si trova il monumento al Parini e schiacciando la ghiaia col passo, metteva in moto un organo sotterraneo che emetteva una musica improvvisa che pareva incantata e che si richiamava alla lapide posta sotto al busto del poeta con scolpiti i versi dell'ode all'Inclita Nice. Sul fronte occidentale della villa si trovava il giardino d’inverno, ideato per godere di uno spazio verde nei mesi più rigidi dell’anno. La temperatura era mantenuta costante grazie alle stufe comunicanti con serbatoi d’acqua calda. Con il passare del tempo questo luogo accolse anche le piante più rare. Oggi il parco non conserva il suo originario splendore ma è stato trasformato in orto botanico dai marchesi Stampa di Soncino. Esso contiene ospita una grande varietà di piante quali: pini, faggi, abeti, magnolie, oleo fragrans, rododendri, azalee, camelie, ortensie, cedri maestosi, cipressi, querce, platani, tigli, lauri ed un'altissima sequoia gigantesca.  

Contributi: Museo Civico di Erba – Progetto PCTO ©Riproduzione riservata