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UPEL CULTURA
› Mulino di Cocquio
Cocquio-Trevisago
MULINO DI COCQUIO
Lungo il corso del Bardello sorsero numerosi mulini, trasformato poi in opifici. Tra questi ricordiamo il
Mulino di Cocquio
, situato a valle della contrada Mulini sulla sponda destra del fiume. I primi atti notarili risalgono al 1577 e nei secoli diverse sono state le famiglie proprietarie. Nella maggior parte dei casi il mulino veniva dato in concessione tramite veri e propri contratti che includevano i prati nella piana superiore e alcuni terreni boschivi. Il mugnaio quindi si ritrovava a fare anche il contadino, il boscaiolo e il falegname per ovvi motivi di sopravvivenza vendendo il ricavato ai panettieri e dando una percentuale al proprietario. Il mulino presentava una roggia molinara lunga 500m, con una portata calcolata in magra di 1500litri/min. La ruota metallica, sospinta dall’acqua, metteva in moto le macine per la lavorazione di grano e cereali. Il complesso aveva tre ruote mentre al di là della roggia c’erano una resega, la pesta e la folla. Tra le cause dell’abbandono del mulino vi è la demolizione, nel 1925, della chiusa che regolava l’afflusso delle acque del Bardello. Inoltre, con il boom economico, si perse l’abitudine della macina. Fino agli anni Sessanta, comunque, la struttura del mulino era ancora abitata. Del complesso originario rimangono oggi solo le mura e la ruota metallica, che si scorge tra la vegetazione. Il mulino è oggi interessato da una rivalutazione dell’area grazie alla realizzazione della pista ciclopedonale che collega Cocquio a Besozzo. Quest’opera ha permesso a tanta gente di riavvicinarsi o scoprire l’edificio del mulino e la sua storia.
©Foto: Comune di Cocquio Trevisago ©Riproduzione riservata