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Società partecipate: le leggi regionali o provinciali non possono derogare al testo unico Madia (nota a C. Cost. 4 aprile 2022, n. 86) - di Nicolò F. Boscarini

01/05/2022















Con sentenza n. 86 del 4 aprile 2022 la Corte Costituzionale è tornata a pronunciarsi sul rapporto che intercorre tra la legge Madia (l. 7 agosto 2015, n. 124) e le autonomie territoriali, con particolare riferimento al tema delle società a partecipazione pubblica.


Come noto agli addetti ai lavori, con sentenza n. 251 del 25 novembre 2016 la Corte si era già occupata di tale complesso rapporto, accogliendo parzialmente un ricorso promosso dalla Regione Veneto e costringendo il Governo ad apportare diversi correttivi al testo unico in materia di società partecipate di cui al d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, che nel frattempo era già entrato in vigore.


Questa volta, la vicenda controversa scaturisce da un ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti di una legge della Provincia autonoma di Trento (legge prov. 17 maggio 2021, n. 7), nella parte in cui autorizza la Provincia “a partecipare, direttamente o tramite Cassa del Trentino s.p.a., in qualità di socio sovventore, alla società di mutua assicurazione a responsabilità limitata ITAS Istituto Trentino-Alto Adige per Assicurazioni Società mutua di assicurazioni” (art. 34).


In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto la violazione degli artt. 97, co. 2 (principio di buon andamento della P.A.) e 117, co. 2, lett. l) (competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile) in relazione all’art. 4, commi 1 e 2, d.lgs. n. 175/2016, in quanto norma interposta di attuazione dei suddetti parametri costituzionali.


L’art. 4 del testo unico Madia prevede infatti due vincoli concorrenti alla partecipazione pubblica in enti societari: il primo, cd. “di scopo pubblico”, comporta che le amministrazioni pubbliche “non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società” (comma 1); il secondo, cd. “di attività”, consiste nell’elencazione tassativa delle attività che possono essere incluse nella partecipazione pubblica a una società (comma 2: produzione di un servizio di interesse generale; progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma tra pubbliche amministrazioni; realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio di interesse generale attraverso un contratto di partenariato pubblico-privato; autoproduzione di beni e servizi strumentali all’amministrazione socia; servizi di committenza).


La Corte, respingendo le eccezioni sollevate dalla Provincia di Trento, ha preliminarmente chiarito che le disposizioni del testo unico Madia sono idonee a integrare parametri interposti di legittimità costituzionale, osservando che la definizione da parte dello Stato delle forme sociali e delle finalità per le quali è consentita la partecipazione pubblica costituisce espressione della competenza esclusiva in materia di “ordinamento civile” ed è anche funzionale alla tutela della finanza pubblica e del buon andamento della P.A.


Nel merito, la Corte ha poi escluso che l’oggetto della partecipazione prevista dalla norma provinciale impugnata – l’erogazione di servizi assicurativi, a pagamento, su tutto il territorio nazionale – possa considerarsi “strettamente necessaria” per il perseguimento delle finalità istituzionali della Provincia di Trento, reputando ininfluente lo storico radicamento territoriale della società partecipata così come la competenza legislativa primaria statutariamente attribuita alla Provincia in alcune materie che riguardano anche l’economia del territorio.


Inoltre, secondo la Corte (che richiama a tal fine la propria sentenza n. 229 del 2013), l’esercizio di attività economiche, quali sono i servizi assicurativi, da parte di soggetti dotati di privilegi come l’apporto di capitali pubblici, è suscettibile di produrre effetti distorsivi della libera concorrenza.


Per tali ragioni, i giudici costituzionali hanno concluso che la scelta della Provincia di Trento si pone in contrasto con una norma – l’art. 4 d.lgs. n. 175/2016 – dettata nell’esercizio, al contempo, della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e di quella concorrente del coordinamento della finanza pubblica, oltre che in attuazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.


In disparte la soluzione del caso specifico, la pronuncia in esame si segnala perché consente di intravedere – dopo la sentenza costituzionale n. 251 del 2016, che invece aveva manifestato un approccio più sensibile alle istanze regionali – una sorta di elevazione del testo unico Madia al rango di norma super-primaria, in grado di vincolare non solo l’attività amministrativa di tutte le pubbliche amministrazioni, ma pure la produzione legislativa delle regioni e delle province autonome, quand’anche dotate di autonomia speciale.


Milano, 27/04/2022
Avv. Nicolò F. Boscarini - Studio legale Mascetti