Con riferimento a una fondazione di partecipazione costituita da un Comune che le ha affidato la gestione dei musei, l'Autorità Anticorruzione (con atto pubblicato il 5 luglio 2022) ha contestato l'affidamento della gestione dei musei in modo diretto senza passare dall'indizione di una gara a evidenza pubblica. In particolare, l'Anac a sostegno della propria tesi - precisando, in primis, che la gestione dei musei non possa qualificarsi, come ritenuto dall'ente in questione, quale servizio non sottoposto al presupposto della libera concorrenza - ritiene che la fondazione di partecipazione in questione non possa qualificarsi come organismo inhose providing in conseguenza della presenza di soggetti privati (cofondatori) che impedirebbero il controllo del soggetto pubblico. Pertanto, alla fondazione non può trovare applicazione il regime degli affidamenti inhouse secondo l'articolo 5 del codice appalti e dell'articolo 16 del Tusp.
Le fondazione e le attività museali Le fondazioni, quale strumento da tempo impiegato dagli enti locali per promuovere iniziative di carattere culturale, hanno assunto una notevole importanza, a seguito dell'entrata in vigore del Dlgs 42/2004 (Codice dei beni culturali), quale centro di interesse di funzioni e attività, affidate dall'ente pubblico, dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. In sostanza, la funzione principale delle fondazioni è quella di gestire e valorizzare i beni culturali pubblici.
Le modalità di gestione dei musei Con riferimento alle analisi compiute da Anac per il caso in esame, l'Authority ha evidenziato, tra l'altro, che la gestione dei musei non possa qualificarsi come servizio di interesse generale privo di rilevanza economica non sottoposto alla libera concorrenza. Di fatto, la valorizzazione dei beni culturali - quali ad esempio la gestione di musei - deve essere ricondotta agli articoli 114 del Dlgs 42/2004, il quale prevede, come anche ricordato dalla giurisprudenza (Tar Lazio, Roma, Sezione. II, sentenza n. 7590/2005) che, dove l'amministrazione locale rinunci alla gestione diretta dei servizi museali, la stessa debba bandire senza la procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento, a termini di legge, dei medesimi servizi in caso di dismissioni o cessazione del precedente affidamento. Di fatto, il Dlgs 42/2004, all'articolo 115, costituisce una disciplina speciale per la gestione dei servizi culturali - sostitutiva delle previsioni, oramai abrogate con la sentenza della Corte costituzionale n. 272/2004, contenute nell'articolo 113-bis del Tuel sui servizi pubblici locali privi di rilevanza economica - per la quale viene prevista, in conseguenza delle modifiche apportate dal Decreto Semplificazioni, la possibilità per l'ente locale di gestire il servizio: • in via diretta, mediante strutture organizzative interne dotate di specifici requisiti (ad esempio adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile eccetera) e/o mediante un organismo consortile pubblico; • in via indiretta, mediante affidamento per mezzo di gara nella forma della concessione a terzi ovvero mediante l'affidamento di appalti pubblici di servizi anche in forma congiunta e integrata. Scelta gestionale dell'ente locale che dovrà essere motivata in termini di proporzionalità rispetto ai fini da perseguire nonché tenendo conto, mediante valutazione comparativa, della sostenibilità economico-finanziaria e dell'efficacia della modalità gestoria.
L'affidamento di servizi: la fondazione di partecipazione e il modello inhouse Con riferimento all'affidamento dei servizi museali da parte di un ente locale alla propria fondazione senza passare per una gara pubblica - fermo restando che, in linea generale, la fondazione è iscrivibile nell'elenco di cui all'articolo 192 del Codice Appalti ai fini dello speciale regime degli affidamenti inhouse, come indicata dalla stessa Anac (FAQ relative alle Linee Guida n. 7 del 20 settembre 2017) - tale tema appare controverso e poco chiaro, anche sotto il profilo giurisprudenziale (Corte di cassazione nella sentenza n. 2584/2018: «la figura dell'affidamento in house trova la sua precipua collocazione nell'ambito di attività economiche da svolgersi con criteri imprenditoriali. Situazione che va del tutto esclusa in quanto le fondazioni non perseguono scopo di lucro»), soprattutto se si considera che nella fondazione di partecipazione possono essere presenti anche soggetti privati il cui ruolo potrebbe essere ostativo alla sussistenza del controllo analogo da parte dell'ente pubblico, escludendo, di fatto, l'inhouse providing. Sono infatti queste le contestazioni poste da Anac, in merito al caso in esame, sancendo che in considerazione della presenza di soggetti privati, in veste di fondatori e cofondatori della fondazione, quest'ultima non può configurarsi come un semplice «braccio operativo» e, quindi, quale organismo inhouse del Comune. Di conseguenza, a detta dell'Authority, in caso di affidamento di servizi alla fFondazione, il socio pubblico deve passare per un affidamento pubblico mediante indizione di una gara a evidenza pubblica, revocando l'attuale affidamento; diversamente, se il Comune volesse avvalersi della fondazione come organismo inhouse, deve al più presto predisporre la modifica dello statuto di tale organismo al fine di regolarizzare il modello organizzativo e di garantire l'esercizio di un effettivo controllo analogo, nonostante quest'ultimo aspetto fosse già comunque disciplinato nell'attuale versione dello statuto fondativo.
Conclusioni Che i requisiti richiesti dalla norma (Direttiva 2014/24/Ue tradotta dal legislatore italiano con l'articolo 5 del Codice dei contratti pubblici e l'articolo 16 del Tusp) per l'organizzazione inhouse possano essere soddisfatti, in sostanza, anche nel rapporto intercorrente tra un ente pubblico e un soggetto diverso dall'organismo societario - tra cui aziende speciali, fondazioni, istituzioni - è opinione da tempo condivisa in giurisprudenza. Tuttavia, con riferimento al modello delle fondazioni di partecipazioni, anche considerando la presenza, non solo operativa ma anche finanziaria, di soggetti privati che potrebbe essere ostativa al controllo analogo della parte pubblica, non appare ancora in modo chiaro se l'organizzazione inhouse possa trovare applicazione: sul punto sarebbe opportuno un intervento normativo e/o di orientamento giurisprudenziale definitivo che delinei meglio le possibilità di intervento dell'ente pubblico mediante l'organismo della fondazione di partecipazione, laddove il ruolo di eventuali soggetti privati sia comunque relegato a una mera partecipazione finanziaria – molto spesso indispensabile per il raggiungimento dei fini statutari – senza, comunque, poteri di veto e/o di ingerenza nella gestione della fondazione stessa.
Data: 20/07/2022 Autori: Ciro D'Aries e Alberto Ventura