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Il subappalto nel nuovo Codice dei contratti pubblici

14/02/2024

 

Disciplinato dall’art. 119 del D.Lgs. n. 36/2023, il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, con organizzazione di mezzi e rischi a carico del subappaltatore.

L’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023) ha apportato significative modifiche all’istituto in parola: dapprima sottoposto a forti limitazioni, anche quantitative, dettate dal timore che potesse costituire terreno fertile per le infiltrazioni criminali in un settore - quello delle commesse pubbliche - già particolarmente sensibile, lo strumento del subappalto vive oggi una stagione di più ampia liberalizzazione, sulla spinta della normativa europea, da sempre favorevole all’implementazione di tale figura negoziale nella legislazione italiana, al fine di incentivare il coinvolgimento delle piccole-medie imprese nel sistema degli appalti pubblici.

Abrogato il precedente limite quantitativo astratto del 30% e la distinzione tra attività subappaltabili e non subappaltabili, così come l’obbligo, per le prestazioni subappaltate, di applicazione degli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione con ribasso non superiore al 20%, il nuovo art. 119 introduce significativamente la soppressione dei limiti quantitativi generali al subappalto, preservando la discrezionalità delle Stazioni Appaltanti nel valutare le specifiche caratteristiche dell’appalto e individuare di conseguenza, nei documenti di gara, le prestazioni o lavorazioni da eseguire a cura dell’aggiudicatario.

A tale proposito, come chiarito dal comma 2 dell’art. 119, la scelta delle Stazioni Appaltanti di limitare il ricorso al subappalto - lungi dal costituire discrezionalità fine a se stessa - può fondarsi su tre diverse esigenze, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto: quella di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e, più in generale, dei luoghi di lavoro, quella di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori e, infine, quella di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali.

Una delle novità più rilevanti riguarda l’ammissione codicistica del subappalto “a cascata”, viceversa vietato dalla precedente previsione normativa: secondo quanto disposto dal comma 17 dell’art. 119, il ricorso a tale particolare istituto - che prevede che l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto sia oggetto di ulteriore subappalto - può essere limitato, analogamente a quanto appena detto per il subappalto standard e in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, per le esigenze “(…) di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali”.

In altri termini, le Stazioni Appaltanti posso limitare il ricorso al subappalto - sia esso standard o “a cascata” - solamente in virtù di un ventaglio motivazionale esplicito e ben argomentato, che si fondi su una (o più) delle esigenze espressamente codificate dalla nuova normativa e sempre un’ottica di rispetto del principio di trasparenza e tutela del mercato del lavoro.

Tutto ciò premesso, analogamente a quanto disposto in precedenza dal D.Lgs. n. 50/2016, al subappaltore è richiesta la qualificazione per le lavorazioni o le prestazioni da eseguire, l’insussistenza delle cause di esclusione (automatiche e non, così come previste dagli artt. 94-95 e ss. del Codice), nonché l’indicazione - all’atto dell’offerta - dei lavori o delle parti di opere ovvero dei servizi e delle forniture o parti di servizi e forniture che si intendono subappaltare, previa autorizzazione da parte della Stazione Appaltante.

A margine, pare opportuno ribadire la distinzione netta tra l’istituto del subappalto e quello della cessione del contratto, in virtù del quale il cessionario subentra nella titolarità dei rapporti giuridici, attivi e passivi, derivanti dal contratto oggetto di cessione: quest’ultimo continua ad essere considerato radicalmente nullo, come confermato dal primo comma dell’art. 119, che sanziona con la nullità - peraltro - anche gli accordi in deroga ai limiti normativi del subappalto.

Non solo non è possibile cedere il contratto d’appalto, ma è vietato - altresì - affidare a terzi “l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni appaltate, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alla categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera”: quest’ultima locuzione, per la sua portata generica, parrebbe da interpretarsi come riferita ad un valore percentuale compreso tra il 50,1% e il 99,9% (dove prevalenza significa superiore al 50% e integralità corrisponde al 100%), cosicché il subappalto, per essere considerato lecito, dovrà prevedere lavorazioni che non superino il 50% delle lavorazioni relative alla categoria prevalente.

Resta confermata la responsabilità solidale dell’appaltatore e del subappaltatore nei confronti della Stazione Appaltante per le prestazioni oggetto del contratto, nonché per l’assolvimento degli obblighi retributivi e contributivi (fatta eccezione, per le ipotesi previste dalle lett. a-c, co. 11 dell’art. 119).

Da ultimo, si segnala che il Nuovo Codice individua tre ipotesi di corresponsione diretta, da parte della Stazione Appaltante, in favore del subappaltatore degli importi relativi alle prestazioni eseguite: quando il subcontraente è una micro o piccola impresa, se il subcontraente richiede direttamente alla Stazione Appaltante il pagamento del dovuto (sempre che la natura del contratto lo permetta) e - significativamente - in seguito all’inadempimento dell’appaltatore (art. 119, co. 11, lett. a-b-c).

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Autore:
avv. Silvia Silvestri
Funzionario, Comune di Lainate (MI)
Ufficio Appalti